Storie di giovani calabresi sfruttati e sottopagati: "Turni massacranti e paghe da fame"

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Il leit-motiv è sempre lo stesso. E poco importa se siamo nel Cosentino, o nel Catanzarese, o nel Vibonese e in altri territori ancora. E non è neanche un tema che riguarda solo la Calabria, anzi. E’ un "malcostume" vigente in Italia: è quello di sfruttare, nella maggior parte dei casi, i lavori stagionali e/o comunque i lavoratori che operano nel campo della ristorazione (bar, ristoranti, pizzerie, alberghi, lidi balneari e altro ancora). Gli imprenditori fanno fatica a trovare personale, ma è davvero colpa del reddito di cittadinanza o è colpa di un universo giovanile che non ha voglia di "sgobbare"? La risposta a questo interrogativo non può essere certamente univoca perché sono tante le sfaccettature da analizzare e studiare. Ma è chiaro che esiste un tema ed è quello di un mondo in cui molti giovani, ma non solo, lavorano parecchie ore al giorno senza avere un’adeguata retribuzione rispetto alla mansione svolta e al carico di lavoro. Per non parlare poi di chi ancora si avvale della collaborazione di personale totalmente in nero. I controlli negli ultimi anni, da parte di Ispettorato del Lavoro, Guardia di finanza e altre istituzioni, si sono intensificati, ma c’è da fare ancora molto.

Abbiamo provato a sentire la storia di quattro lavoratori. Maria, Marta, Ludovica, Domenico (quattro nomi di fantasia) che hanno accettato di raccontare le loro "disavventure" ai nostri microfoni in forma anonima.

Servizio di Francesco Iannello

Di RCvideo

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